Come gli anni passati il Festivaletteratura mi ha regalato tanti interessanti spunti di riflessione, che ho cercato di racchiudere in alcune domande per condividere ed aprire un confronto su queste tematiche.
Come ogni edizione (leggi qui i post del 2017 e 2016), l'incontro con esperti ed autori mi pone domande di vita e di business.
Ecco quali sono:
1. Come sarà il lavoro che verrà?
Ho scoperto alcuni dati interessanti nell'intervento di Luca De Biase sul mercato del lavoro e la sua evoluzione nei prossimi anni. Secondo il Labor 2030: The Collision of Demographics, Automation and Inequality di ForbesITALIA - "l’automazione porterà ad una crescita media globale del 30% della produttività rispetto ai valori del 2015. Dall'altro canto, però, l’invasione di robot e macchine ridurrà fino al 25% il numero di occupati a livello globale".
Alcune considerazioni:
- E' stato stimato che il 30/40% del lavoro attuale si modificherà radicalmente nei prossimi anni
- Non è possibile arrestare l'innovazione tecnologica, perché altrimenti le aziende potrebbero non essere più concorrenziali e quindi chiudere. Tornare "ai bei vecchi tempi" non è possibile, anche perché se si va a guardare erano belli per qualcuno ma la maggior parte dei noi, senza tornare troppo indietro, non aveva le possibilità di ora (io stessa ebbi la prima televisione a 12 anni, impensabile oggi!)
- L'Italia è il secondo esportatore europeo e tra i primi quattro nel mondo per robotica --> non è vero che i robot portano via posti di lavoro perché da noi ne creano
- La qualità delle nostre vite è in crescente aumento, se pensiamo alle condizioni di libertà e lavoro dei nostri genitori e nonni
Crescono malcontento e lamentazione riguardo ai cambiamenti del lavoro attuale.
Facendo il paragone con la terza rivoluzione industriale del secondo dopoguerra, il relatore ci ha palesato come oggi il problema di questa sfiducia nel progresso sia legata alla mancanza di obiettivi ed orizzonti. Tendenzialmente le persone hanno smesso di avere una visione del loro futuro, e se comunque esiste è spesso nebulosa e incerta (se sei tra gli incerti, corri ad iscriverti al corso 5 Passi gratuito che ho preparato). Da questa mancanza di visione deriva la mancanza di progettualità e di conseguenza una crescente diffidenza e ansia verso il futuro.
Una possibilità, proponeva De Biase, è quella di considerare l'innovazione come positiva e investire nella propria formazione e nella consapevolezza delle possibilità che ciascuno ha.
La chiusura dello speech merita una menzione particolare: gli esperimenti scientifici dimostrano che in un gruppo è tanto più alta l'intelligenza collettiva (quindi quella generale del gruppo e dei membri) tanto più è eterogeneo e differenziato per culture ed esperienze (ed è composto per la maggioranza da donne). Pensiamoci.
Per me ha decisamente avviato bene la mia partenza di Festivaletteratura 2018 ;)
2. Quando cresciamo?
I concetti appena espressi sono stati rimarcati da Umberto Galimberti. Il filosofo ha detto una frase che mi è sembrata molto in linea con il metodo che utilizzo nelle mie consulenze e servizi: "Cresciamo perché qualcosa ci attrae. Se manca lo scopo, cosa ci attrae veramente?" La visione che vuoi raggiungere, il tuo obiettivo è come un faro nella notte che ti attrae a sé e ti guida. Inutile dire che senza questo faro il rischio di perdersi è tanto (come vedrai in 5 Passi).
"Se non sogni non hai la forza psichica per impegnarti" ha continuato Galimberti, rimarcando nuovamente che la nostra crescita e sviluppo sono fortemente legati agli obiettivi che ci poniamo.
Ribadisco: niente meta da raggiungere niente crescita, ma aumentano demotivazione, nichilismo, paura di ciò che non conosciamo perché non ci sentiamo in grado di affrontare il futuro.
Bando alle paure, mettersi in cammino verso il futuro che desideriamo è un dovere sociale verso le persone attorno che vengono influenzate dalla nostra preoccupazione e insoddisfazione, oltre che verso noi stessi.
3. Come si crea e si modifica la nostra identità?
L'identità di un individuo non è innata o genetica, ma è il prodotto dei riconoscimenti degli altri, è un fatto sociale (cit. Galimberti)
Il mio suggerimento è di ridurre al minimo i pensieri del tipo: "sono fatto così, ormai non posso cambiare" e "non mi importa di quello che dicono gli altri e le persone che mi circondano". Se hai attorno persone che non tifano per te c'è poco da fare, senza rendertene conto la tua percezione di te stesso, e di conseguenza la tua autostima caleranno (ne ho parlato anche in un articolo apposito).
L'ambiente che si frequenta, le frasi che si sentono dire, i feedback che si ricevono sono sicuramente elementi che influenzano la nostra percezione di noi stessi. La nostra identità e personalità si modellano sugli stimoli e riconoscimenti ricevuti.
4. Che rapporto c'è oggi tra scienza e società?
Un grande filone del Festival, che ho seguito con interesse ed ammirazione, è proprio quello tra scienza e società. Filosofi, sociologi, fisici si sono interrogati su questo rapporto, sottolineando come sia importante farli dialogare al meglio. O farli riprendere a dialogare, visto che alcuni visioni sono piuttosto pessimistiche al riguardo.
Pare che oggi quello che appare sui mezzi di comunicazione di massa e sui social sia ritenuto dalle persone più importante della ricerca scientifica. La scienza si basata su innumerevoli esperimenti e la controprova di più parti e sperimentatori che indagano. Dalle parole di Tommaso Dorigo ho imparato che i fisici sono le persone più scettiche del pianeta. E che ad esempio i finanziamenti per la ricerca sul Bosone di Higgs (a cui hanno lavorato più 10000 persone) sono stati pari a quello che si spende in Italia in un anno per i tarocchi, o si è speso in una settimana di operazioni militari in Iraq. Impressionante no?!
Che ruolo vogliamo dare alla scienza? Io stessa faccio parte delle scienze sociali, la psicologia è una scienza in quanto si basa su altre scienze ed utilizza sperimenti e metodologie proprie di questo campo disciplinare.
Che ruolo vogliamo dare a tutto questo? Davvero contano di più corsi di formazione di una settimana o di due mesi, piuttosto che teorie ed idee basate su anni di esperimenti, prove ed errori, ipotesi e confutazioni?
5. Il web modifica e abbassa le nostre aspettative?
In questa edizione del FestLet (abbreviazione social dell'evento) si è parlato molto del rapporto tra l'uomo di oggi e le tecnologie/internet. E soprattutto di come l'informazione e la comunicazione ne vengano inesorabilmente influenzate. A discapito della scientificità, la correttezza del fonti, l'interesse alla lettura della popolazione italiana. Lo sapevi che in dieci anni dal 2006 al 2016 la stampa cartacea ha perso il 50% delle vendite, e i siti web di news ed informazioni hanno guadagnato il 4%. In sostanza si dove è andata a finire la percentuale dei lettori mancante da questo rapporto?
Più di una fonte autorevole ha dimostrato, con prove scientifiche, filosofiche, psicologiche come pensare che le tecnologie peggiorino la nostra vita è infondato. Le tecnologie hanno migliorato l'accesso alle informazioni, e la possibilità di raggiungerne una grande quantità.
Il discrimine è come noi utilizziamo la tecnologia: possiamo essere noi a scegliere se viverla "a bassa risoluzione" (cit. M. Mantellini) quindi approfondendo poco, accontentandoci di sbirciare le vite degli altri, leggendo le informazioni attraverso i social e non i giornali autorevoli...
Oppure sapere essere "ad alta risoluzione" attenti ai particolari ed approfondendo visto che il web ci regala una quantità di informazioni che fino a pochi anni fa erano immaginabili da poter raccogliere.
Nella storia dell'uomo non c'è mai stato così tanto accesso alle informazioni: spetta a noi combinare questi due comportamenti e mediare tra la voglia di divertirci in superficie e quella di fondarci su notizie provate.
Quale di queste domande tocca di più le tue corde?